Attualità

Eredità missionaria

Alla sua morte lascia ai suoi figli e figlie una preziosa eredità missionaria: una fioritura di istituzioni e di attività, «tutte caratterizzate da spirito e da scopo apostolico – come riconosceva davanti a lui san Paolo VI –: vostro è l’apostolato delle edizioni, il principale; vostro l’apostolato liturgico, l’apostolato parrocchiale, l’apostolato vocazionario e quello per la intensità della vita cristiana in varie categorie di persone… che raggiunge ormai ogni continente, molte nazioni; assume carattere missionario e si apre dappertutto vie nuove di penetrazione apostolica».

Don Alberione postula con fermezza la pari dignità della predicazione mediatica e di quella orale-tradizionale, che in seguito sarà consacrata dal Concilio: «L’apostolato stampa è missione nella sua sostanza, origine, oggetto, fine; è una stessa cosa con l’apostolato-parola». E chiarisce: «Come la predicazione orale, quella scritta o impressa divulga la Parola di Dio; moltiplicandola per farla giungere precisa ovunque, anche là dove non può pervenire la parola. Ciò sull’esempio di Dio stesso, che ci diede la sua parola divina nei 72 libri della Sacra Scrittura, e sull’esempio della Chiesa, che in ogni tempo unì alla predicazione orale quella impressa. Ai profeti ed agli apostoli Iddio non ordinò soltanto di parlare, ma anche di scrivere».

L’insegnamento di Don Alberione è preciso: la Società San Paolo, e le successive fondazioni che formano la Famiglia Paolina, in realtà sono «san Paolo vivo oggi». E «se san Paolo vivesse, continuerebbe ad ardere di quella duplice fiamma, di un medesimo incendio, lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini di ogni paese. E per farsi sentire salirebbe sui pulpiti più elevati e moltiplicherebbe la sua parola con i mezzi del progresso attuale: stampa, cine, radio, televisione»… internet, social network, ecc. Oggi, l’allontanamento dalla fede richiede una mobilitazione ecclesiale origi­na­le: «Il mondo ha bisogno di una nuova, lunga e profonda evangelizzazione… Occorre rifare le intelligenze e cambiare le volontà. Opera difficile, lunga, penosa. Occorrono mezzi proporzionati, ed anime accese di fede... Occorrono dei missionari, dei nuovi missionari per questo nuovo e fecondo apostolato».

Una spiritualità per il nostro tempo

Don Alberione lascia anche le linee fondamentali di una spiritualità capace di orientare l’uomo. Una spiritualità nella quale «non vi sono molte particolarità, né devozioni singolari, né soverchie formalità; ma si cerca la vita in Gesù Maestro e nella Chiesa». Le linee essenziali di tale spiritualità, in una chiara visione biblico-teologica, possono essere così tratteggiate: l’idea di Cristo totale, secondo la concezione di san Paolo. Il Cristo, sintesi del cosmo, principio dinamico di ogni sviluppo umano, via, verità e vita. In questa prospettiva, trovano un posto primario la Parola di Dio e l’Eucaristia, fonti di ogni spiritualità; un vivo senso del ruolo di Maria, considerata come Madre, Maestra e Regina degli Apostoli, e un profondo senso della Chiesa, corpo di Cristo e popolo in cammino, con l’assunzione delle realtà temporali: cultura, scienza, tecnica, politica, lavoro, attività ricreative, ecc. Tutto vissuto nello «spirito paolino», cioè, si tratta di un modo di essere, di vivere e di operare che di san Paolo assume la fisionomia, i contenuti e il dinamismo.

L’esperienza dell’unità di tutto in Cristo Maestro Via, Verità e Vita è l’obiettivo e il vertice di tutto l’itinerario del Beato Alberione in risposta alla sua vocazione. «In questa visione vi sta la religione, dogma, morale e culto; in questa visione vi è Gesù Cristo integrale; per questa devozione l’uomo viene tutto preso, conquistato da Gesù Cristo... fino a sostituirsi nell’uomo o all’uomo: Non sono più io che vivo; è Cristo che vive in me (Gal 2,20)». Tutto il Cristo a tutto l’uomo, a tutti gli uomini, con tutti i mezzi: è l’ossessione del Fondatore. Bisogna diventare cristiani nel pensiero, nei sentimenti, nell’azione; crescere fino alla perfetta configurazione a Cristo in un processo di «cristificazione». Questo costituisce il nucleo della santità dell’«uomo di Dio», chiamato a compiere «le opere di Dio». Un ideale che è la più preziosa eredità che i suoi figli e figlie debbono assimilare, coltivare e trasmettere alle generazioni future.

Don Alberione è da sempre affascinato dall’Apostolo Paolo, e con la sua opera vuole dare continuità alla sua missione: «La Famiglia Paolina è suscitata da San Paolo per continuare la sua opera; è San Paolo, vivo, ma che oggi è composto di tanti membri».

Nella vita e nell’opera del Fondatore ha inoltre un’importanza decisiva la presenza materna di Maria, Regina degli Apostoli, discepola prima che maestra.

In maniera altrettanto chiara troviamo gli orientamenti pastorali, molti dei quali sono anticipatori dell’attuale «nuova evangelizzazione». Don Alberione ribadisce: «Perché l’apostolato riesca efficace, bisogna che sia completo, cioè… che insegniamo la fede, la morale, il culto». Questo perché «il Cristo sezionato non ci restaura: il Cristo completo è risurrezione, vita e salvezza per tutto il mondo». Una spiritualità vissuta in questo modo porta a una formazione integrale e a un apostolato completo.

Testimonianza di santità

Oltre a queste geniali intuizioni, che costituiscono senz’altro l’aspetto più caratteristico e più conosciuto di Don Alberione, ci sono i grandi messaggi e soprattutto l’eccezionale testimonianza di santità che egli ha lasciato a noi e a tutta la Chiesa. Infatti, la sua vita non è fatta soltanto di attività apostolica per l’evangelizzazione del mondo mediante i mezzi della moderna comunicazione. Prima di tutto essa è ricerca della santità, continuo esercizio di tutte le virtù, che coltiva quotidianamente in modo sempre più perfetto, superando ostacoli, tentazioni, difficoltà. Egli è l’uomo di Dio, che orienta tutto a lui: cuore, sentimento, anima, intelligenza; e che tutto chiede a Dio: luce, forza, costanza per superare tutto ciò che ostacola il cammino verso di lui. Senz’altro egli, oltreché un «nuovo slancio missionario», ha donato alla Chiesa un «nuovo stile di santità». Ne sottolineiamo alcuni aspetti che ci sembrano molto attuali.

- La fede e la vita interiore, oltre ogni misura e fuori di ogni calcolo umano. Nei momenti difficili delle fondazioni e di fronte a tutti gli ostacoli politico-sociali, la costanza eroica è sempre sostenuta dalla sua grande fede. Alla scuola di san Paolo realizza per sé e per i suoi figli e figlie l’ideale: «La mia vita è Cristo. Quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo…» (cfr. Fil 1,21; 3,7-14). Testimonia con tutta la propria esistenza l’importanza somma della preghiera. Ripete frequentemente: «Da me nulla posso, con Dio posso tutto».

- L’apertura ai segni dei tempi. Dice di lui Paolo VI il 28 giugno 1969 nella memorabile udienza: «Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera (secondo la formula tradizionale ora et labora), sempre intento a scrutare i segni dei tempi, cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, il nostro Don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con mezzi moderni…».

- L’umiltà profonda, confermata da quanto Don Alberione scrive nella prefazione di Abundantes divitiae: «Se per condiscendere a voi, egli volesse narrarvi qualcosa di quanto ancora ricorda…, dovrebbe narrare una duplice storia: la storia delle divine misericordie… e inoltre la storia umiliante della incorrispondenza all’eccesso della divina carità…» (AD 1). E nel suo testamento spirituale: «Desidero che dopo la mia morte non si parli più di me. I membri della Famiglia Paolina devono fare riferimento unicamente a san Paolo…».

- La fedeltà e l’obbedienza nella trasmissione delle insondabili ricchezze ricevute dalla mediazione dell’Apostolo e destinate ad arricchire la Chiesa. «Tanto l’inizio come il proseguimento della Famiglia Paolina sempre procedettero nella doppia obbedienza: ispirazione ai piedi di Gesù-Ostia confermata dal Direttore spirituale; ed insieme per la volontà espressa dai Superiori ecclesiastici» (AD 29). E ancora: «Sento la gravità, innanzi a Dio ed agli uomini, della missione affidatami dal Signore; il quale, se avesse trovata persona più indegna ed incapace, l’avrebbe preferita… così come l’artista prende qualsiasi pennello, da pochi soldi e cieco circa l’opera da eseguirsi» (AD 350).

Perciò, a tutta ragione, quanti l’hanno conosciuto e hanno potuto osservare da vicino le sue virtù, le definiscono di grado eroico. Per questa pratica virtuosa egli fu considerato santo in vita, e questa fama è andata crescendo dopo la morte, fino ai nostri giorni: sono tanti quelli che ricorrono alla sua intercessione. Una fama di santo, che si diffonde non solo all’interno della Famiglia Paolina sparsa nei cinque continenti, ma specialmente in mezzo al popolo di Dio.

Quanto è stato detto dimostra come Don Alberione, vero uomo di Dio, con la qualifica di «grande apostolo del secolo XX», grazie alla irradiazione del vangelo di Cristo in tutti i continenti attraverso i mezzi di comunicazione di massa, merita davvero la definizione attribuitagli da Paolo VI: «una meraviglia del nostro secolo», nonché quella di Giovanni Paolo II: «strumento di elezione per portare il nome di Gesù dinanzi ai popoli».

Il Beato Giacomo Alberione ha lasciato scritto: «Così intendo appartenere a questa mirabile Famiglia Paolina: come servo, ora e in cielo; ove mi occuperò di quelli che adoperano i mezzi moderni più efficaci di bene: in santità, in Cristo e nella Chiesa». Perciò tutti gli operatori della comunicazione sociale hanno in lui un sicuro e, potremmo dire, «naturale» protettore. Tocca a noi farlo conoscere soprattutto nella cultura della comunicazione