Biografia

Infanzia e giovinezza

Il piccolo Giacomo vede la luce il mattino del 4 aprile 1884 a San Lorenzo di Fossano, in provincia di Cuneo, quinto di sette figli di una famiglia contadina. Fragile di salute fin dalla nascita, i genitori, Michele Alberione e Teresa Rosa Allocco, decidono di amministrargli il battesimo il giorno seguente. Da loro riceve la prima educazione a una vita onesta e laboriosa e a una fede forte, profonda e coerente, che egli riterrà sempre una grazia di Dio.

A sei anni Giacomo comincia a frequentare la scuola a Cherasco, dove la famiglia deve trasferirsi nel febbraio del 1887. Prima delle lezioni ama sostare a pregare nel piccolo santuario della Madonna delle Grazie. Un giorno la maestra interroga alcuni dei suoi alunni su che cosa vogliono fare da grandi. Quando viene il turno del piccolo Giacomo, questi si sente come illuminato e risponde: «Mi farò prete». Tale determinazione lo accompagnerà negli anni seguenti e lo aiuterà a orientare tutto in tale direzione.

A 16 anni, dopo una prima esperienza nel seminario di Bra, entra in quello di Alba. In occasione della chiusura dell’Anno Santo, nella cattedrale di Alba, in una veglia di adorazione eucaristica nella notte fra il 31 dicembre 1900 e il 1° gennaio 1901, il giovane seminarista vive una forte esperienza di preghiera e sente l’impulso dello Spirito a dedicarsi a una missione speciale, intuendo così l’orientamento che determinerà tutta la sua vita. In una «particolare luce» dall’Eucaristia ha una maggior comprensione dell’invito di Gesù: «Venite a me, voi tutti... ». Gli sembra di comprendere meglio il cuore del papa Leone XIII, gli inviti della Chiesa, la missione vera del sacerdote, il dovere di essere apostoli di oggi, adoperando i mezzi sfruttati dagli avversari. E si sente obbligato a servire la Chiesa e a fare qualcosa per il Signore e per gli uomini del nuovo secolo.

Sacerdote e fondatore

Il giovane Alberione viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1907. Nel 1908 si laurea in teologia presso la Facoltà teologica di Genova, e riceve dal vescovo l’incarico di professore e direttore spirituale dei seminaristi. Oltre ai vari altri incarichi diocesani, si dedica all’azione sociale e alla promozione del nuovo movimento politico dei cattolici italiani.Tutto gli serve come preparazione, entrando in contatto col pensiero e con l’attività delle maggiori personalità dell’epoca.

Il Signore però lo vuole e lo guida in una impresa nuova e multiforme: predicare il Vangelo a tutti i popoli, con i mezzi più celeri ed efficaci, nello spirito dell’Apostolo Paolo. Obbediente a Dio e alla Chiesa, il 20 agosto 1914 dà inizio, in Alba, alla Famiglia Paolina, con la fondazione della Società San Paolo. Seguono nel tempo le fondazioni di altre quattro Congregazioni femminili, diverse e indipendenti l’una dall’altra, con finalità proprie, ma convergenti: Figlie di San Paolo, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore di Gesù Buon Pastore e Suore di Maria, Regina degli Apostoli. Infine, gli Istituti di vita secolare consacrata: Gesù Sacerdote, Maria Santissima Annunziata, San Gabriele Arcangelo e Santa Famiglia. A collaborare nelle varie missioni specifiche c’è fin dal 1917 l’Associazione dei Cooperatori Paolini. Tutti sono uniti tra loro dallo stesso ideale di santità e di apostolato: vivere e dare Gesù Cristo Maestro, Via, Verità e Vita a tutto l’uomo e a tutti gli uomini, nella cultura della comunicazione, nello spirito di san Paolo Apostolo, e sotto lo sguardo di Maria, Madre, Maestra e Regina degli Apostoli.

Questa esperienza totale e unificatrice è vissuta da Don Alberione «alla scuola di san Paolo» o, più esattamente, «per mezzo di san Paolo», cioè ricevendo dall’Apostolo stesso il dono della sua conoscenza esperienziale di Gesù e della sua partecipazione alla vita divina, che poi si proietta nello slancio dell’annuncio apostolico. Da questo deriva l’insistente dichiarazione del Fondatore secondo cui solo attraverso san Paolo la Famiglia Paolina realizza il suo contatto vitale con Cristo, ne interpreta esattamente il Vangelo e vive la propria vocazione e missione particolare nel mondo di oggi con i linguaggi di oggi.

Gli anni 1922-1923 sono assai difficili per Don Alberione e per la sua opera. Nel 1923 le numerose occupazioni e il duro regime di vita lo portano a una gravissima tubercolosi polmonare, da cui sembra sia uscito per la mediazione di san Paolo. Infatti nessuno può immaginare che il Fondatore, dato ormai per spacciato dai medici, avrà ancora davanti ben 48 anni di intenso lavoro e innumerevoli realizzazioni apostoliche.

Egli stesso racconterà più tardi che «in momenti di particolari difficoltà, riesaminando tutta la sua condotta, se vi fossero impedimenti all’azione della grazia da parte sua», in un sogno misterioso, ebbe la rassicurazione del Divin Maestro: «Non temete: io sono con voi. Di qui (dal tabernacolo) voglio illuminare. Abbiate il dolore dei peccati...». Queste parole, riportate in tutte le chiese paoline, ricordano che l’Eucaristia è la radice della vita e la fonte dell’apostolato in tutte le sue forme. Da quel momento Giacomo Alberione orienta tutta la sua vita e la sua attività a partire dal tabernacolo e non ha più dubbi sui progetti del Signore e sulla missione che gli è affidata.

Nel 1960 Don Alberione dichiarerà con grande umiltà: «La mano del Signore sopra di me; la volontà del Signore si è compiuta, nonostante la miseria di chi doveva esserne lo strumento indegno ed inetto. Dal Tabernacolo: luce, grazia, i richiami, la forza, le vocazioni: in partenza e nel cammino». E nonostante le grandissime difficoltà che deve superare nel suo itinerario di Fondatore, afferma con convinzione: «Due soltanto sono i miei fastidi: che io non sono ancora abbastanza buono e voi non siete ancora abbastanza santi».

La grande espansione

Il 14 gennaio 1926 Don Alberione fa partire da Alba per Roma don Timoteo Giaccardo con quattordici ragazzi e un gruppo di Figlie di San Paolo, per fondare la prima filiale e «per sentire meglio che la Famiglia Paolina è a servizio della Santa Sede».

Nonostante il progressivo bavaglio imposto alla stampa cattolica dal regime fascista, decide di fondare i primi periodici. Egli intende rispondere alle domande delle diverse categorie di persone e delle diverse fasce di età.

Lo slancio missionario comincia a esprimersi all’inizio degli anni ’30, quando i suoi figli e figlie sono abbastanza numerosi. Nel 1931 inizia la grande espansione all’estero: Argentina, Brasile, poi Stati Uniti e Francia, Polonia, Spagna, Cina, Giappone e India, Filippine... Queste fondazioni trovano a poco a poco il loro naturale complemento con l’arrivo delle altre Congregazioni paoline femminili. Il Fondatore esorta: «Sentiamoci, come san Paolo e in san Paolo, debitori a tutti gli uomini: ignoranti e colti, cattolici, comunisti, pagani, musulmani. Tutti amiamo. A tutti il nostro apostolato».

Lo scoppio della Seconda guerra mondiale (1940-1945) impone un arresto alle fondazioni e allo zelo missionario. Appena ammutoliscono i cannoni, don Alberione compie il suo primo lungo viaggio, con l’esclusiva finalità di visitare i figli e le figlie sparsi nel mondo. Per tutti la sua presenza è una benedizione, ed egli cerca di incoraggiare e lasciare sempre il seme di nuove iniziative apostoliche.

In questi anni ha luogo una nuova espansione con le fondazioni di comunità paoline in Portogallo, Canada, Irlanda, Messico, Svizzera, Cile, Colombia, Città del Vaticano, Inghilterra, Venezuela, Australia, Cuba, Germania, Congo, Corea... Un’espansione irta di difficoltà, sacrifici e abnegazione fino all’eroismo, spiegabile solo con la fede in Dio e nel Fondatore da parte dei Paolini e delle Paoline.

Dietro speciale invito di Giovanni XXIII, Don Alberione prende parte al Concilio Vaticano II. Dopo lunghi anni di battaglie, ostacoli e incomprensioni prova un’immensa gioia quando viene approvato il decreto Inter mirifica (4 dicembre 1963). «L’attività paolina è dichiarata apostolato accanto alla predicazione orale, circondata d’alta stima dinanzi alla Chiesa e al mondo», scrive con gioia nel dicembre 1963.

Verso la meta

Lui presente, il 28 giugno 1969, nel corso dell’udienza concessa alla Famiglia Paolina, Paolo VI traccia il miglior profilo della figura del Fondatore e della sua opera e gli conferisce la «Croce pro Ecclesia et Pontifice».

Negli ultimi anni, nonostante lo stato fisico debilitato, accoglie con gioia, anche se con grave sacrificio, i figli e le figlie che vengono a trovarlo. E si accomiata sempre dai visitatori incoraggiandoli: «Avanti... in letizia!».

Compiuta l’opera che il Padre celeste gli ha affidato, dopo una vita di infaticabile e di incredibile attività, sostenuta dalla abbondante e profonda preghiera, alle ore 18.25 del 26 novembre 1971, a 87 anni, confortato dalla visita e dalla benedizione di papa Paolo VI, lascia la terra per prendere il posto riservatogli dal Padre nella sua casa.