Il Miracolo

Il miracolo che portò il venerabile Timoteo Giaccardo alla beatificazione fu la guarigione, ottenuta per sua intercessione, della Pia Discepola del Divin Maestro suor M. Luciana Lazzarini.

Suor M. Luciana entrò nel 1943 tra le Pie Discepole del Divin Maestro ad Alba. Poco dopo la Professione religiosa, venne ricoverata a Sanfrè per una leggera forma di tbc, che superò felicemente grazie a cure adeguate. Dopo alcune esperienze apostoliche ad Alba e a Catania, anche in risposta al suo ardente desiderio di essere missionaria, nel 1952 fu destinata alla nascente fondazione in Giappone. Subito si dedicò allo studio della lingua e al lavoro assiduo nel clima non facile di quel periodo di immediato dopoguerra. Dopo pochi mesi di vita missionaria, si ammalò di tubercolosi polmonare bilaterale, per cui fu curata, come precedentemente in Italia, con streptomicina e Pas. Il suo stato di salute, però, andò peggiorando per cui a febbraio del 1954 si rese necessario il ricovero in un sanatorio, dove le fu praticato lo pneumotorace.

«Nonostante il mio impegno ‒ testimonia il dott. Stanislao Kanau Kizawa, medico curante ‒ e la mia premura per ben curare l’inferma, la suora andava sempre più peggiorando, per cui decisi di sospendere il pneuma e visti i raggi e le ultime radiografie, mi pronunciai per un intervento chirurgico ai polmoni. L’intervento consisteva nell’asportazione della costola e compressione plastica. Al momento di intervenire, ebbi gravi perplessità sulla buona riu­scita dell’intervento, per cui consigliai il rimpatrio della suora ma­lata». Altri sanitari avevano pronunciato una diagnosi infausta quoad vitamnon rilevando alcuna terapia valida, a quel tempo, per la malattia di suor M. Luciana.

Ai primi di luglio 1954 tutto era ormai predisposto per il viag­gio di ritorno «per potersi curare in Italia», ma in realtà perché potesse morire in patria. Il 7 luglio suor Maria Pia Chiavas­sa, superiora delle Pie Discepole in Giappone, riesce a concludere il contratto per l’acquisto di una casa a Tokyo destinata a sede di noviziato. Comunicò subito alle sorelle presenti: «Ora che abbiamo la casa, suor Luciana deve partire! Non facciamola partire. Chiediamo il miracolo della guarigione al si­gnor Maestro (Don Timoteo Giaccardo). Se guarisce la impiegheremo per la formazione e la ricerca delle vocazioni in Giappone».

«Le suore presenti ‒ scrive suor Maria Pia ‒ si unirono a me e dissero in coro che il si­gnor Maestro doveva proprio farcelo questo miracolo... Andam­mo a trovare suor Maria Luciana nella sua camera ove stava a let­to e le dicemmo: “Suor Maria Luciana, non andare più in Italia, chiediamo il miracolo al signor Maestro. Cominciamo subito un triduo”. Suor M. Luciana disse subito il suo ‘sì’ con molta decisione e con gran fiducia. All’indomani mattina (8 luglio) feci celebrare una messa con questa intenzione e demmo inizio al tri­duo recitando la preghiera che è stampata dietro l’immagine del servo di Dio Timoteo Giaccardo».

Suor M. Ancella Belleso racconta che «il tono usato allora da suor Maria Pia fu molto deciso e forte; nel timbro si notava la sicurezza di essere esaudita. Noi tutte accettammo la proposta di unire le nostre preghiere al signor Maestro per ottene­re la tanto sospirata grazia. Tornata a casa, suor Maria Pia, senza mezzi termini, ma in modo brusco ed autoritario, comandò a suor M. Luciana: “Suor Luciana, abbiamo chiesto la grazia al si­gnor Maestro. Credi ed alzati”. Suor M. Luciana si alzò in mezzo al letto e subito rispose: “Sì, Madre”. Quello che molto meravigliò fu la prontezza con cui suor Luciana rispose al coman­do della superiora. Il giorno 8 luglio 1954 la comunità si riunì in cappella e fu celebrata la santa Messa per ottenere l’intercessione del servo di Dio Timoteo Giaccardo».

La stessa suor Luciana riferisce le parole decise della supe­riora: «Devi guarire! Non devi dubitare, chiedi con fede il miracolo al signor Maestro». E aggiunge: «Non aprii più bocca, mi alzai e andai difilato alla vicina cappella. Il Maestro Eucaristico era solo, con fede mi inginocchiai sul tatami, davanti al Tabernacolo, e pre­gai così: “Gesù, non ti ho mai chiesto di guarire, ero contenta di soffrire per te, per i sacerdoti, per lo sviluppo delle Pie Discepole in Giappone. Ora mi si impone per obbedienza; dunque se io ub­bidisco, ubbidisci anche tu: per intercessione del signor Maestro devi farmi guarire!”».

Lo stesso giorno (8 luglio) suor M. Luciana fu accompa­gnata al sanatorio per sottoporsi alle radiografie di controllo che ella avrebbe portato con sé nel ritorno in Italia. Ma essa afferma­va di sentirsi bene per l’intercessione del Servo di Dio. Per precauzione fu lasciata a letto in attesa del responso delle lastre. Il 10 luglio ci fu una chiamata al telefono dalla casa vicina dei Paolini (non avendo le suore il telefono) e andò a ri­spondere suor Maria Stella Doi, che era l’unica che veramente fos­se padrona della lingua. «Suor Maria Stella ‒ racconta suor Maria Pia Chiavassa ‒ dopo la telefonata la vidi correre tutta ec­citata verso di noi; era commossa e felice e non faceva che gridare: “Miracolo, miracolo!”. Dopo aver preso un po’ di fiato, dato l’affanno che aveva per la corsa fatta, suor Maria Stella aggiunse che il medico per telefono le aveva detto, con sua grande meravi­glia e sorpresa, che dalle lastre fatte a suor M. Luciana non ap­pariva più nessuna traccia del male ai polmoni. Lo stesso dottore non sapeva dare alcuna spiegazione ad una guarigione così im­provvisa. Con suor Maria Doi mi recai di corsa da suor M. Lu­ciana e le gridai: “Alzati, sei guarita! Vai in cappella a ringraziare il Signore!”. Suor M. Luciana prese, da sotto il guanciale, l’immagine del Servo di Dio Timoteo Giaccardo, la baciò con grande traspor­to e disse, quasi gridando per la grande gioia ed emozione: “Ti ringrazio, signor Maestro, ormai il Giappone è mio due volte!”».

Da parte sua, il dott. Kizawa dichiarò: «Dalle radiografie del giorno 8 luglio 1954 fu constatata la completa e perfetta guarigione di suor M. Luciana. Non ho saputo lì per lì dare una spiegazione a questa guarigione improvvisa, né mi sento oggi all’altezza di spie­gare, in modo naturale, la guarigione stessa, nonostante il notevole progresso della scienza. Questo fatto mi ha mostrato una realtà soprannaturale che accettai come professione della mia fede».